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Saper scegliere

  • Carla Prontera
  • 7 mar
  • Tempo di lettura: 2 min

Devi comprendere chi sei quando non sai chi essere

Comprendere chi sei quando non sai chi essere

Chi sei quando non sai chi essere?

(Massimo Pericolo - Sabbie d'oro)


 


Ci vorrebbero perfetti, come se avessero davanti delle macchine già programmate per rispondere ad ogni esigenza. Ci chiedono cosa vogliamo fare da grandi prima ancora di lasciarci capire in che mondo siamo, qual è il nostro ruolo e soprattutto cosa desideriamo. Ci prospettano e promettono futuri senza nemmeno darci il tempo di scoprire il nostro talento. Cos'è, poi, un talento? Ci convincono che la nostra inclinazione sia ciò che ci riesce meglio. Ma in una società in cui le nostre attività sono limitate alla scuola o al massimo a qualche svago esterno (sport/musica), come facciamo a scoprire le nostre vere passioni? Ci assegnano etichette senza nemmeno chiederci di cosa abbiamo veramente bisogno, per poi comprendere troppo tardi che la nostra realizzazione non rispondeva ad un nostro sincero bisogno ma alla frustrazione derivata da una mancato ascolto dei loro desideri. Ho visto amici illudersi che la loro strada fosse la stessa percorsa dai loro genitori, dai quali probabilmente si cercava soltanto considerazione e comprensione. Siamo continuamente influenzati, spesso senza rendercene conto, da costumi sociali e familiari, e il percorso adatto a noi sembra

essere quello già tracciato o consigliato da persone di cui ci fidiamo e che apparentemente vogliono il meglio per noi. Ma un grosso problema tipico di noi adolescenti è l’idealizzazione di persone-modello e stili di vita, che sembrano prometterci quella felicità duratura tipica dei finali delle favole («e vissero sempre felici e contenti») e che, però, esulano dalla realtà, non mettendo in conto la normalità dei processi di pensiero di una mente umana sana che conducono alla sofferenza psicologica. Purtroppo, la mentalità occidentale è bloccata in quella che gli psicologi definiscono “trappola della felicità”: come dei leoni in una gabbia di carta, siamo generalmente intrappolati in una gabbia di illusioni e idee fuorvianti e inesatte a proposito della felicità alla quale più tentiamo di avvicinarci,

più soffriamo. Come, dunque, è possibile costruirsi un’identità che sia il più possibile autonoma e indipendente, in una fase in cui non si sa ancora chi essere? Il primo passo consiste sicuramente nell’imparare a riconoscere le influenze quotidiane e gli effetti che queste hanno su di noi e sul nostro percorso di crescita; personalmente mi è stato molto d’aiuto la messa in discussione di tutte quelle verità, anche le più assodate, che ci vengono inculcate sin da piccoli! Ritenere che l’università garantisca una conoscenza migliore rispetto a quello che si può imparare dalla vita e da uno studio autonomo – esempio volontariamente provocante – è un preconcetto fondato su un’idea di realizzazione di sé e di

felicità sbagliata secondo cui la nostra maturazione si esaurisce in una vita lavorativa probabilmente più dignitosa e più rispettabile se si è laureati. La mia non vuole essere una critica all’università che, anzi, ritengo sia un’opportunità formativa importante (ma non l’unica!), è, piuttosto, una riflessione su come sia importante contestualizzare e relativizzare ogni tipo di certezza.

 

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