La rivolta delle tabacchine di Tricase: in ricordo di una protesta involontariamente antifascista
- Alessandro Borlizzi
- 15 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Cosima Panico, Donata Scolozzi, Maria Assunta Nesca, Pompeo Rizzo, Pietro Panarese: sono questi i nomi delle vittime procurate dal fuoco aperto dalle forze armate. Assieme a loro altri ventidue feriti. La loro morte e il sangue versato ricordato oggi dalla commemorazione in Piazza Pisanelli.

Era il 15 maggio del 1935, e la furia e lo sdegno seguiti a un terribile fraintendimento trasformarono la piazza principale di Tricase in una bolgia gremita di folla. Il giorno prima il Ministero delle Corporazioni aveva reso nota la promulgazione di un decreto che avrebbe sciolto il consiglio di amministrazione dell’Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca, conosciuta come ACAIT, un’importante cooperativa agraria con sede a Tricase, incentrata sulla coltivazione del tabacco e fonte d’occupazione per tutto il territorio limitrofo. L’intento del governo, presieduto da un certo Benito Mussolini, era quello di fondere tutti i consorzi della provincia all’interno di un’unica cooperativa, il Consorzio Agrario Cooperativo di Terra d’Otranto. Di fatto, per i lavoratori e le lavoratrici del consorzio tricasino poco sarebbe cambiato.
Ma di fronte a quell’annuncio ogni raziocinio venne meno, e il panico e lo sconforto iniziarono a catturare gli animi dei contadini, che trovarono in quel decreto un autentico e concreto attentato alla propria occupazione, la negazione del proprio, unico, sostentamento. Il malcontento dilagò presto tra gli occupati: le contadine, nella mattinata del 15 maggio, manifestano la volontà di astenersi dal lavoro. Solo la mediazione dei dirigenti è in grado di riportare i lavoratori tra le proprie file. Ma la situazione non si acquieta, e nel pomeriggio un contingente pacifico di protestanti si riunisce in piazza, di fronte al municipio del podestà. Contemporaneamente, un manifesto inviato dal prefetto provinciale, attraverso il quale si invitavano i cittadini all’ordine e alla tranquillità, viene affisso sul municipio.
La protesta perse i propri toni pacifici, e le azioni dei contadini iniziarono a macchiarsi di una violenza simbolica. Grida e innocue detonazioni accompagnarono i tentativi della folla di irrompere nel Municipio attraverso l’abbattimento della porta. La degenerazione della protesta portò i Carabinieri, che nel frattempo erano stati chiamati a circondare il palazzo di potere, ad aprire il fuoco. Non in aria, come il comune buon senso avrebbe voluto, e come ogni basilare addestramento militare insegna, ma sul turbine umano che imperversava di fronte ad essi. Il risultato dei colpi intermettenti dei fucili fu nefasto. La protesta, sedata nel sangue di cinque vittime e di ventidue feriti, si dileguò rapidamente nella fuga terrorizzata dei contadini.
Se i funerali delle vittime non vennero celebrati, al contrario una lunga serie di processi, che ha visto protagonisti ben 74 imputati, si articolò fino al 2 aprile del 1936, quando le risoluzioni giudiziarie stilarono definitivamente il computo del macabro evento, condannando a pene variabili 28 cittadini.
A ricordare la “rivolta delle tabacchine” la commemorazione organizzata questa mattina in Piazza Pisanelli dalle sedi di locali di Sinistra Italiana e del Partito Democratico, in collaborazione con le associazioni Cantiere Civico e Tricase, Che fare?, affiggendo sulla targa onorifica una corona in memoria della tragedia che vuole celebrare l’ardore e il coraggio di chi, esattamente novant’anni fa, ha sfidato il fascismo, combattendolo nella medesima aiuola di cui la bestia nera del ventennio ha contribuito a calpestarne ferocemente i fiori: quella dei diritti. Al di là di ogni interpretazione, all’infuori di ogni giudizio, che essa sia scaturita da un richiamo consapevole della coscienza o dal furore che incendia chi appare destinato a perdere tutto, la protesta del ’35 ha rappresentato un tentativo autentico di preservare la dignità di un popolo. E di questa dimostrazione di libertà il semplice gesto di questa mattina vuole rievocarne la memoria, concimando il fiore della libertà, mai come oggi minacciato dai venti burrascosi e dalle brine degli autoritarismi, per coltivare il nostro avvenire con i germogli del coraggio passato.
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