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La cultura oggi: social, musica e libri tra vecchio e nuovo

  • Alice Ciardo
  • 8 mar
  • Tempo di lettura: 4 min

Il digitale ha reso la cultura più accessibile, ma spesso ne riduce la profondità. Algoritmi, streaming e social influenzano le nostre scelte e rischiano di trasformare la fruizione in consumo superficiale. L’equilibrio tra accessibilità e attenzione è la vera sfida.


 

Stiamo vivendo l'era della "cultura a portata di mano" o stiamo solo consumando contenuti senza davvero assimilarli?


Negli ultimi anni, l’accesso alla cultura è diventato più semplice e immediato che mai. Con un clic possiamo ascoltare qualsiasi canzone, guardare film e serie TV, scoprire nuovi libri e seguire artisti e scrittori sui social. Ma questa facilità di accesso significa davvero che stiamo assorbendo più cultura o ci limitiamo a sfiorarla superficialmente?


È indubbio che il digitale abbia rivoluzionato il nostro modo di fruire dell’arte e della conoscenza, abbattendo barriere economiche e geografiche. Un tempo, per ascoltare un album bisognava acquistarlo fisicamente, per leggere un libro bisognava recarsi in libreria o in biblioteca, per vedere un film bisognava aspettare l’uscita al cinema o la programmazione televisiva. Oggi tutto questo è istantaneo. Tuttavia, la questione centrale non è tanto l’accesso, quanto la qualità del nostro rapporto con questi contenuti: quanto di ciò che consumiamo lascia davvero un segno duraturo nelle nostre menti?


“BookTok”: vera passione per la lettura o semplice moda?


TikTok ha riportato in auge la lettura tra i giovani. Il fenomeno noto come BookTok ha rilanciato libri che altrimenti sarebbero rimasti nell’ombra, creando vere e proprie tendenze letterarie. Titoli come quelli di Colleen Hoover o classici come Orgoglio e pregiudizio hanno trovato nuova vita grazie ai consigli degli utenti.

Da un lato, questo ha avvicinato alla lettura persone che forse non si sarebbero mai interessate ai libri, trasformando l’esperienza della lettura in un’attività socialmente condivisa; leggere non è più solo un’esperienza solitaria, ma un dialogo collettivo che si estende nei commenti, nei video-recensioni, nei dibattiti online.

D’altro canto, c’è il rischio che la lettura diventi un fenomeno superficiale. La popolarità di alcuni titoli potrebbe appiattire la varietà delle scelte, spingendo sempre sugli stessi libri e trascurando la scoperta personale. Inoltre, il ritmo veloce imposto dai social e la necessità di “essere al passo” con i trend possono ridurre il tempo dedicato alla riflessione e all’interpretazione critica di un testo. Leggere un libro perché è virale è sufficiente a definirsi lettori? La vera sfida è riuscire a mantenere un approccio autentico alla lettura, senza lasciarsi guidare esclusivamente dagli algoritmi.


L’era dello streaming: ascoltiamo più musica, ma come?


Con Spotify e altre piattaforme di streaming, l’intero panorama musicale mondiale è a nostra disposizione. Possiamo passare da Beethoven a Taylor Swift in pochi secondi, creare playlist personalizzate e ascoltare brani in qualsiasi momento.

Se da un lato questa accessibilità ha permesso a molti artisti di emergere e a noi di esplorare generi nuovi, dall’altro ha trasformato il nostro modo di ascoltare la musica. Un tempo l’ascolto di un album era un rituale: si metteva il disco, lo si ascoltava dall’inizio alla fine, seguendo il percorso narrativo pensato dall’artista. Oggi la logica delle playlist e dell’ascolto casuale ha spezzato questa esperienza, riducendo la musica a un sottofondo che accompagna le nostre giornate.

Non è un caso che il vinile sia tornato di moda. Acquistare un vinile significa scegliere consapevolmente un album, prendersi il tempo di ascoltarlo senza distrazioni, accettare l’idea di non poter saltare immediatamente da un brano all’altro. È un ritorno a un’esperienza più lenta e immersiva, un antidoto alla “bulimia musicale” digitale.


Film e serie TV: il binge-watching ha cambiato il nostro modo di guardarli?

Anche il modo di guardare film e serie TV è cambiato. Le piattaforme di streaming hanno reso il binge-watching la norma: possiamo divorare un’intera stagione in un solo giorno. Questo ha sicuramente aumentato la comodità e il controllo sul nostro intrattenimento, ma ha anche eliminato quel senso di attesa che una volta rendeva l’esperienza più speciale.

Un tempo, le serie TV venivano seguite con appuntamenti settimanali, lasciando spazio alla discussione e alla costruzione di un’attesa. Oggi, invece, il consumo veloce rischia di far perdere profondità e valore a molte opere. Spesso si passa da una serie all’altra senza metabolizzarne il messaggio, riducendo l’impatto emotivo e intellettuale delle storie.

Inoltre, la vastità dell’offerta genera spesso un’ansia da scelta: troppi titoli a disposizione ci paralizzano, rendendo più difficile la selezione e portandoci a scegliere sempre ciò che ci viene consigliato dall’algoritmo.


Il ruolo degli algoritmi: suggerimenti o dubbi culturali?


Un altro aspetto da considerare è l’influenza degli algoritmi. Le piattaforme di streaming musicale, video e librario ci suggeriscono contenuti basandosi sulle nostre preferenze passate, creando una sorta di bolla culturale. Se da un lato questo ci permette di scoprire facilmente contenuti affini ai nostri gusti, dall’altro rischia di limitarci. La cultura dovrebbe essere esplorazione, sorpresa, scoperta di qualcosa di inaspettato. Se ci limitiamo ai suggerimenti automatici, perdiamo la possibilità di imbatterci in qualcosa di realmente nuovo e di ampliare i nostri orizzonti. Un esempio concreto? Molti utenti di Spotify non ascoltano più album completi, ma solo brani suggeriti dalle playlist automatiche, perdendo così la visione d’insieme dell’opera di un artista.

Lo stesso avviene con Netflix e Amazon Prime Video: le scelte consigliate si basano su ciò che abbiamo già visto, ma raramente su qualcosa che potrebbe metterci alla prova o portarci fuori dalla nostra zona di comfort. Questo crea un circolo vizioso in cui vediamo, leggiamo e ascoltiamo sempre gli stessi generi e stili.


Conclusione: accessibilità e profondità possono convivere?


Abbiamo davvero più cultura grazie alla tecnologia o rischiamo di consumare tutto in modo superficiale? La chiave sta nel trovare un equilibrio: sfruttare il meglio delle nuove piattaforme senza perdere la profondità dell’esperienza culturale tradizionale.

Possiamo usare i social per scoprire nuovi libri, la musica in streaming per esplorare artisti sconosciuti, il binge-watching per goderci una serie, ma senza dimenticare il valore dell’attesa, dell’attenzione e del tempo dedicato a ogni forma d’arte. In fondo, la cultura non è solo un contenuto da consumare, ma un’esperienza da vivere.

Per farlo, dobbiamo imparare a rallentare, a selezionare consapevolmente ciò che scegliamo di approfondire e a mantenere viva la nostra curiosità, senza lasciare che siano gli algoritmi a decidere per noi. La tecnologia ci offre strumenti straordinari, ma sta a noi usarli in modo consapevole, evitando di ridurre la cultura a un semplice flusso di informazioni da scorrere senza mai davvero soffermarsi.






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