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Il mondo accademico sfidato da Donald Trump

  • Alessandro Borlizzi
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Harvard fa causa alla Casa Bianca, denunciando le ingerenze politiche dell’amministrazione Trump, che tenta di porre sotto il controllo del governo federale gli atenei americani attraverso la minaccia di sospendere ingenti finanziamenti


 
Immagine da Real Time News
Immagine da Real Time News

Imperversa negli Stati Uniti uno scontro acceso tra il mondo accademico delle università e l’amministrazione Donald Trump. Le ragioni del conflitto traggono origine dalle proteste messe in atto dagli studenti di numerosi atenei americani a partire dalla primavera dello scorso anno, volte a denunciare i crimini compiuti da Israele nel contesto bellico della guerra con la Palestina. I moti di protesta, nati all’interno dei nuclei più progressisti di Harvard, nel Massachusetts, per chiedere lo scioglimento, da parte dell’università, di ogni rapporto intessuto con aziende collegate a Israele, si sono poi estesi in altri poli universitari, raggiungendo la Columbia University di New York, l’Università di Princeton, del Texas e quella di Boston.


Raggiunto il potere, l’amministrazione Trump ha prontamente riposto con una serie di intimidazioni nei confronti degli atenei, chiedendo lo scioglimento degli accampamenti allestiti dagli studenti per occupare gli spazi delle università e l’attuazione di misure per placare le proteste. Ad accompagnare le decisioni del governo sono state, inoltre, una serie di dichiarazioni che accuserebbero i poli universitari di rendersi ostili all’amministrazione e ai valori conservatori da essa sostenuti e di fomentare e alimentare una cultura antisemita.

Dopo aver colpito la Columbia University, attraverso il congelamento di un finanziamento federale del valore di 400 milioni di dollari e l’obbligo di limitare le attività dei dipartimenti rivolti allo studio delle culture medio-orientali – considerati nuclei fondamentali dell’attivismo anti-israeliano - il governo si è poi scagliato ai danni dell’università privata di Harvard. Nella lettera inviata all’ateneo con sede a Cambridge, Trump ha avanzato una serie di esplicite richieste per sopire il fervore ostile dei suoi studenti. In particolare, il presidente americano avrebbe richiesto che l’ateneo si ponga nei confronti delle proteste con atteggiamento reazionario, impedendo l’associazione e l’occupazione degli spazi universitari, sottoponendo a criteri stringenti l’assunzione dei docenti, e controllando le azioni degli studenti considerati “ostili ai valori americani”. Il rettore della prestigiosa università americana, da anni un baluardo fondamentale della ricerca e della formazione culturale statunitense, Alan Garber, ha definito “incostituzionali” le decisioni promulgate dalla Casa Bianca, opponendosi alle stesse con un netto rifiuto e rivendicando la libertà dell’ambiente accademico dalle ingerenze politiche del governo federale. Un ammutinamento punito poco dopo dal presidente stesso, che ha ordinato la revoca di oltre 2,2 miliardi di dollari destinanti al sovvenzionamento dell’università.


Proprio questo evento ha fomentato il conflitto e scosso la già instabile e precaria relazione tra il mondo accademico e l’amministrazione di Donald Trump, destinata progressivamente a incrinarsi sotto le spinte di evidenti divergenze ideologiche e politiche. Lunedì 21 aprile gli avvocati di Harvard hanno presentato una mozione di causa contro la Casa Bianca e contro le richieste avanzate dal governo. Una presa di posizione netta e ardita, che ha incoraggiato il mondo accademico degli Stati Uniti a coalizzarsi: il giorno successivo, martedì 22 aprile, più di 100 università hanno collaborato alla stesura di una lettera congiunta di denuncia dell’ingerenza politica del governo federale. “Parliamo con una sola voce contro l’intervento senza precedenti del governo e l’ingerenza politica che stanno mettendo in pericolo l’istruzione superiore americana” si legge all’interno del documento.  


Il conflitto tra il mondo accademico statunitense e l’amministrazione Trump rappresenta non soltanto uno scontro contingente di matrice politica, ma anche una più ampia battaglia per la difesa dell’autonomia intellettuale e della libertà di espressione negli atenei americani, inserita nel grave contesto di depauperamento, non solo economico, che sta colpendo la ricerca americana da ogni fronte. In un contesto sempre più polarizzato, dove le divergenze ideologiche si traducono sempre più spesso in fratture insanabili, il caso di Harvard e delle altre università coinvolte segna un momento cruciale nella storia dei rapporti tra potere politico e istituzioni educative, le quali dovranno tentare strenuamente di resistere alle pressioni governative e a riaffermare il loro ruolo come luoghi di libera ricerca, dibattito e formazione indipendente.

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