Il manifesto di Ventotene: per un’Europa più libera e unita
- Alessandro Borlizzi
- 26 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Il Manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante il confino fascista, rappresenta il seme del federalismo europeo e continua a essere un’ispirazione per un’Europa unita, nonostante le difficoltà e le contraddizioni del presente.
Lo scrosciante fragore delle onde del Tirreno, che infrangevano sulle coste di Ventotene, era per Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi l’unico baluardo di consolazione. Era il 1941. In Italia imperversava la disumanità del fascismo, all’apice del proprio vigore oppressivo, il medesimo che aveva condannato i due intellettuali al confino. L’esilio sull’isola di Ventotene era iniziato nel 1939, dopo che sia Spinelli che Rossi furono arrestati dalle milizie fasciste con l’accusa di opporsi al regime. Niente di più vero: Spinelli era un militante comunista, fomentatore delle attività clandestine del partito a cui aveva aderito nel ’24; Rossi era più mite, ma altrettanto tenace, tanto da fondare e dirigere il giornale clandestino Non Mollare, attraverso il quale manifestava profonda avversione per la dittatura. Entrambi, nelle loro diversità e divergenze ideologiche e politiche, avevano a cuore la libertà e la giustizia. In pratica dei sognatori, perché nell’Italia e nell’Europa del Ventennio tali valori potevano essere ascritti alle sole e inconsistenti velleità del pensiero. Il tentativo di soffocare tra le sponde di Ventotene i desideri libertari dei due intellettuali risultò, però, più che in una repressione coercitiva dei loro sentimenti, in uno stimolo superlativo alle loro aspirazioni, che cessarono di rivolgere le proprie attenzioni alla sola Penisola per estendersi in un orizzonte dalla più ampia visione: nasceva il sogno dell’Europa.
Per le menti e le sensibilità di Rossi e Spinelli, la parentesi di Ventotene si rivelò prolifica: in poco tempo essi redassero un documento rivoluzionario, dal titolo Per un’Europa più libera e unita, ma passato alla storia come Manifesto di Ventotene. Il Manifesto si presenta come una carta dall’intento programmatico posta alla base del pensiero federalista europeo ed è considerata, non senza eterogeneità di opinioni, come il documento ispiratore del progetto europeo che avrebbe iniziato a delinearsi pochi anni dopo. All’interno del loro manifesto, Spinelli e Rossi imbastiscono una trattazione approfondita di quella che doveva costituire, secondo loro, l’alba della nuova Europa, legata da un federalismo che potesse una volta per tutte mettere a tacere le prepotenze totalitarie che andavano scatenandosi nel cuore del Vecchio continente.
Per quanto la carta sia permeata di un forte romanticismo, nutrito dall’insofferenza degli esuli nei confronti delle proprie libertà private, e dall’indignazione per un’umanità schiacciata dalla violenza delle dittature, riesce comunque a offrire lucidamente un’analisi delle motivazioni alla base delle divisioni e delle scissioni internazionali.
Contro gli scetticismi odierni che tentano di rivalutarne la portata storica, è bene sottolineare come l’eredità del Manifesto di Ventotene sia stata determinante nel definire i contenuti e le forme del progetto europeista, che trovò prima formulazione nel 1951, con l’istituzione della CECA. Da quando il Manifesto valicò i confini di Ventotene, grazie alle manovre clandestine delle consorti di Rossi ed Ernesto Colorni – che ne curò la prima edizione e pubblicazione - rispettivamente Ada Rossi e Ursula Hirschmann, il documento iniziò velocemente a radicarsi all’interno dei circoli intellettuali progressisti, aiutata dal supporto che gli stessi autori gli diedero attraverso l’istituzione di movimenti federalisti, come il Movimento Federalista Europeo, fondato nel ’43 dallo stesso Spinelli.
In ogni caso, per quanto a Rossi e Spinelli, e in parte minore a Colorni, sia attribuito il ruolo di “padre fondatori” dell’Unione Europea, è evidente che la loro idea di Europa delineata all’interno del Manifesto non ha trovato, e non trova neanche oggi, piena realizzazione. Il Vecchio continente è ancora lontano dal trovare l’unità organica. Eppure, nonostante le difficoltà e le contraddizioni che ancora oggi attraversano il progetto europeo, e che talvolta rischiano di dilaniarla attentando alla propria stabilità, il Manifesto di Ventotene continua a rappresentare un faro lucifero per tutti coloro che vedono nell’Europa il baluardo presente e futuro dell’intera dignità umana. Il sogno di Spinelli e Rossi non si è esaurito con la nascita delle istituzioni europee, né si è dissolto di fronte agli ostacoli del presente: esso rimane un monito, un’ispirazione e un punto di riferimento per chi, come loro, non smette di lottare per un futuro in cui la cooperazione prevalga sui conflitti e la democrazia sull’oppressione. Il cammino verso quell’unità organica sognata a Ventotene è ancora lungo, ma la visione di quegli esuli continua a indicarci la strada. Per quanto la loro lungimiranza, abbinata al valore dell'umiltà, abbiano abbandonato gradualmente, in questi anni, il pensiero umano, in particolare quello europeo, per far spazio agli orgogli che hanno illuso gli uomini, segregandoli in una dimensione di becero isolazionismo, la riscoperta di una collettività che possa andare oltre le barriere culturali, e quindi la formazione di una nazione che non abbia l'uniformità etnica come causa necessaria, è un qualcosa che l'Europa deve porsi come compito primario. E deve farlo guardando al proprio passato, dove dimora il nostro futuro. È da qui che un tentativo federativo dovrebbe avere inizio. Tutto ciò rappresenta sì un tuffo nel passato, ma anche una scommessa futura dalla probabilità incerta, che si dovrebbe nutrire delle speranze e dell'umiltà di un popolo diviso, che speriamo possa trovare nell’armonia della quinta di Beethoveen la risoluzione delle proprie discordie.
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