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Il caso Georgescu

  • Alessandro Borlizzi
  • 19 mar
  • Tempo di lettura: 6 min

Un terremoto politico scuote la Romania con il “caso Georgescu”, un intrigo di ingerenze russe, sospetti di frode elettorale e altre accuse gravi. Calin Georgescu, figura controversa vicina a Putin e nota per posizioni estremiste, ha sorpreso tutti alle presidenziali del 2024, ottenendo un risultato inaspettato. Tuttavia, indagini hanno rivelato presunti finanziamenti occulti e manipolazioni, portando all’annullamento delle elezioni e alla sua esclusione dalla politica. Il caso ha acceso tensioni internazionali, mentre la Romania cerca di preservare la sua stabilità democratica.


 

Un terremoto politico sta imperversando negli ultimi tempi in Romania, generando una crisi che in modo sempre più aggressivo sembra poter minare la stabilità della sua repubblica. Protagonista di questa trama inestricabile di ombre e di segreti è Călin Georgescu. Indagini, inchieste, corsi e ricorsi giudiziari sono gli attori di questa vicenda, condita dallo zampino truffaldino dei russi vecchie volpi, che tentano di agguantare il controllo sulla bandiera rumena attraverso pressioni politiche celate e mascherate.


Andiamo a ripercorrere e analizzare le tappe fondamentali di questa storia.


Chi è Calin Georgescu?

Sessantatré anni, nato a Bucarest, Călin Georgescu consegue la laurea in Scienze Agronomiche nell’ateneo della capitale nel 1986. A questo titolo segue una carriera eterogenea caratterizzata dall’alternarsi di ruoli e incarichi più o meno significativi nel settore ambientale. L’ecologia costituisce una linea di condotta ideologica primaria del suo operato: nel 1991 diventa capo dell’ufficio senatoriale per l’ambiente; nel luglio dello stesso anno entra a far parte di una delegazione del Movimento Ecologista di Romania. Tra il 2010 e il 2012 Georgescu ricopre vari incarichi per conto delle Nazioni Unite, tra i quali anche quello di relatore speciale sugli effetti negativi della movimentazione e dello scarico illecito dei rifiuti tossici.


Di fede politica notoriamente ambigua, Georgescu non si è mai iscritto al Partito comunista romeno, vagheggiando fin dalla gioventù idee ascrivibili alle posizioni di estrema destra. Si è più volte espresso in difesa della famiglia tradizionale, sostenendo e rivendicando la sua vicinanza alla chiesa ortodossa. Le tendenze populiste e demagogiche di Georgescu si rendono evidenti nella sua adesione a teorie cospirazioniste e complottiste, che risultano nella contestazione e nei tentativi di confutazione delle più disparate “verità ufficiali”, quali lo sbarco sulla luna, il riscaldamento globale, la pericolosità dei virus o l’autenticità delle piramidi. Ha più volte ribadito la presunta pericolosità della connettività 5G e si pone in aspra polemica con la pratica del parto cesareo, che secondo lui “romperebbe il filo divino tra madre e bambino”. Ritiene, inoltre, che molti alimenti contengano nanotecnologie che influenzano il corpo umano.


Se tutto ciò non fosse sufficiente a definire con efficacia la personalità di Georgescu, bisogna sottolineare la vicinanza del politico alle figure di Donald Trump e, soprattutto, di Vladimir Putin. Agguerrito contestatore della NATO e dell’Unione Europea, Georgescu si presenta come un sovranista, per quanto dopo il primo turno delle elezioni presidenziali del 2024 abbia smentito la propria volontà di guidare la Romania fuori dalle due alleanze. 


Nonostante il contesto politico nazionale lo abbia conosciuto varie volte, soprattutto in occasione della sua corsa a Primo ministro del Paese, in veste di tecnico, nel 2010, 2011, 2012 e 2016, il nome di Calin Georgescu è salito alla ribalta a seguito della sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2024 e alla crisi politica che ne è seguita.


Elezioni presidenziali del 2024


Il 24 novembre del 2024 in Romania si è tenuto regolarmente il primo turno delle elezioni per il rinnovo della carica presidenziale. Inaspettata è stata la sconfitta del socialdemocratico Marcel Ciolacu, nettamente favorito con ampi margini da tutti i sondaggi preliminari. A precederlo vi sono la candidata del partito liberale “Unione Salvate la Romania”, Elena Lasconi, e l’indipendente Calin Georgescu, classificatisi, rispettivamente, secondo e primo, con il 19,18% e il 22,94% dei voti.


A stupire, prima, e a destare sospetti, poi, è proprio l’incredibile risultato ottenuto da Georgescu, che sbaraglia la concorrenza valicando gli stretti limiti che gli avevano imposto i sondaggi preliminari. Subito dopo il primo turno, infatti, il candidato conservatore Cristian Terhes presenta alla Corte costituzionale una petizione di riconteggio delle schede, con la tacita riserva di eventuale annullamento della tornata elettorale. La richiesta viene rifiutata il 29 novembre dalla Corte, che convalida, sostenendo l’assenza di irregolarità, il 2 dicembre, l’esito del primo turno.


Le accuse di manipolazione


Ciò che avviene nel corso della settimana successiva diviene determinante per gli sviluppi futuri, che iniziano ben presto a delinearsi all’interno di un contesto tutt’altro che trasparente e lineare. La posizione della Corte costituzionale inizia a mutare a seguito delle indagini effettuate dai servizi segreti rumeni, che ottengono informazioni relative a delle sempre più probabili ingerenze, ancora indefinite, nello svolgimento delle elezioni. La tornata elettorale che aveva consegnato a Georgescu l’accesso al ballottaggio finale, previsto per il successivo 8 dicembre, viene definitivamente annullata da parte della Corte costituzionale il 6 dicembre, spinta dalla rivelazione di alcuni documenti in possesso dall’intelligence e dal Consiglio Supremo di Difesa del Paese. Oggetto di questi rapporti era il sospetto tentativo da parte della Russia di favorire l’ascesa di Georgescu attraverso una campagna di promozione online.


A costituire un forte elemento di dissonanza, che ha catalizzato l’accendersi e il crescere dei sospetti su Georgescu, è stato il fatto che il candidato indipendente aveva dichiarato all’Autorità elettorale di non aver sostenuto alcuna spesa necessaria per il sostentamento della sua campagna elettorale. A contraddire la posizione di Georgescu vi sono, però, alcune prove evidenti passate nelle mani dell’intelligence.


Secondo i servizi segreti l’imprenditore romeno Bogdan Peșchir avrebbe, infatti, finanziato una campagna pubblicitaria sulla piattaforma social di “TikTok” per un valore di  380.000; sempre a favore di Georgescu sarebbe stata diretta una manovra della società sudafricana, con sede in Polonia, FA Agency, che avrebbe pagato alcuni influencer romeni in cambio della promozione di materiale elettorale. Altri influencer sarebbero stati, invece, assoldati da committenti sconosciuti tramite la piattaforma Fame Up.


A culminare sulla montagna di retroscena accusatori che iniziava ad accumularsi, andando a gravare sulla credibilità e sulla legittimità di Calin Georgescu, vi è poi l’inchiesta condotta dal giornale indipendente Snoop. L’indagine giornalistica ha rivelato che una campagna di promozione, finanziata dal Partito Nazionale Liberale per favorire il proprio candidato Nicolae Ciuca, era stata dirottata all’insaputa del partito stesso in favore di Georgescu.


La risposta di Georgescu


Ai provvedimenti imposti dalla Corte, Georgescu ha risposto con la richiesta di annullamento delle risoluzioni della Corte e dell’ufficio elettorale. Il primo è stato rigettato il 18 dicembre dalla Corte d’appello e il 26 febbraio dall’Alta corte di cassazione; il secondo bocciato dai medesimi organi a fine dicembre e il 17 gennaio. 


Le ulteriori accuse


La vicenda subisce ulteriori sviluppi nel mese di febbraio. Il 26 dello scorso mese Georgescu viene condotto in procura con una serie di capi di accusa, che travalicano le irregolarità elettorali che si erano palesate dopo la sua vittoria nei ballottaggi e arrivano a inglobare totalmente la personalità politica di Georgescu. All’uomo vengono attribuiti anche i reati di incitamento ad azioni contro l'ordine costituzionale, comunicazione di informazioni false, false dichiarazioni in merito alle fonti di finanziamento della campagna elettorale e dichiarazioni patrimoniali, oltre che di costituzione di un'organizzazione di carattere fascista.


In relazione a quest’ultima accusa, le indagini hanno rilevato legami tra Georgescu e un’organizzazione di matrice fascista e antisemita, “41 per la Romania”.


Il tentativo di rinnovare la propria candidatura


Con l’indizione delle nuove elezioni, il cui primo turno è previsto il 4 maggio, Calin Georgescu ha nuovamente presentato la propria candidatura. Il 9 marzo l’ufficio elettorale ha rifiutato la sua proposta, giustificandone bocciatura sulla base delle medesime motivazioni che avevano portato a delegittimare la vittoria conseguita da Georgescu durante il primo turno di dicembre, definendo il candidato come “non adeguato al rispetto della legalità e dei valori costituzionali”, di cui un Presidente dovrebbe costituire il rappresentante.

All’ennesimo ricorso di Georgescu, la Corte costituzionale ha risposto confermando la decisione promulgata dall’ufficio elettorale l’11 marzo, sancendo la definitiva esclusione del candidato dalla possibilità di venire eletto nelle prossime presidenziali.


Gli effetti del caso Georgescu

Nonostante la questione si sia de iure conclusa con una disposizione ufficiale della massima corte romena, de facto la questione è ancora lontana dall’essere risolta. Il clima critico e turbolento che si è originato in Romania ha attirato le attenzioni delle potenze estere, che guardano con sospetto alle possibili ingerenze russe. D’altra parte, il caso di Georgescu ha coinvolto anche dichiarazioni a favore del candidato, provenienti soprattutto dai suoi ipotetici alleati politici, che, come lui, si dimostrano vicini al Cremlino. Non sono, infatti, tardati i commenti di personalità come Elon Musk, che sul suo profilo X accusa la Romania di aver “arrestato l’uomo che ha preso più voti”, o di Matteo Salvini, che ha definito il caso “di una gravità inaudita”.


Conclusione


Aldilà delle opinioni soggettive e delle personali coscienze, che in ogni caso dovrebbero gioire dell’allontanamento forzato dai vertici della politica di una personalità come quella di Calin Georgescu, i fatti hanno evidenziato i chiari tentativi di attentare all’integrità di istituzioni democratiche, peraltro da parte di una potenza come la Russia che pare aver ereditato le aspirazioni egemoniche della sua antenata U.R.S.S. Le ingerenze russe in Romania, sulla cui natura bisogna ancora fare luce, si aggiungono a una sequela di precedenti che hanno visto la Russia tentare in modo sinistro di manipolare la politica di uno Stato estero, e dovrebbero ridestare le coscienze di chi crede e sostiene ancora l’irrevocabilità della libertà democratica che i nostri Paesi hanno strenuamente conquistato.

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