Al summit di Londra la via per un'Europa (più) unita
- Alessandro Borlizzi
- 7 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Al summit di Londra, i leader europei hanno discusso il futuro dell’Europa e il supporto all’Ucraina, evidenziando la necessità di un riarmo per ridurre la dipendenza dagli USA. Il Regno Unito e altri Paesi extraeuropei hanno rafforzato la cooperazione occidentale, mentre l’UE punta a una maggiore unità strategica.

Un piacevole spettacolo è quello che ha preso vita nelle ultime ore a Lancaster House, dove i leader europei, ospitati dal Primo ministro britannico Keir Stamer, si sono riuniti per affrontare la delicata questione dei trattati tra Russia e Ucraina. L’ordine del giorno ha costituito il preludio e l’occasione di trattare, più in generale, le sorti del futuro europeo, tentando di delineare una linea di condotta unitaria che da anni si cerca di raggiungere. Sorprende la presenza sul tavolo di Paesi che non rientrano nei confini politici del Vecchio continente e che non sono stati, storicamente, mai così affini agli interessi europei. La Turchia e l’intero blocco scandinavo, completato anche dalla Norvegia, hanno dimostrato la volontà di supportare un’azione condotta sotto la volontà comune di un Occidente unito. In questo contesto è poi da sottolineare la posizione catalizzante del Regno Unito, che, da ex membro della famiglia, ritorna a inserirsi nella trama degli interessi comunitari. Assieme a loro anche il Canada, che, in barba alla possibilità di diventare il “cinquantaduesimo Stato americano” – sostenuta provocatoriamente da Trump - ha scelto di comportarsi come un ipotetico ventinovesimo Stato europeo. Infine, ruolo da protagonista per Volodymyr Zelensky; il presidente dell’Ucraina ha portato con sé le rivendicazioni di un Paese attaccato e, ormai, sconfitto in una guerra sanguinosa con il suo vicino gigante, la Russia di Vladimir Putin. Tra di essi ha vagato lo spettro invisibile di Donald Trump e il fantasma di una cigolante alleanza atlantica. Proprio le politiche aggressive del presidente americano hanno, infatti, costituito la forza aggregante che ha riunito in quel di Londra i vertici dell’Occidente; o, meglio, di quella parte di mondo che sembra voler iniziare a costituirne, oggi come non mai, il Centro neutrale.
Dopo aver rinnovato quasi all’unanimità il supporto a Kiev, il summit ha posto al centro delle discussioni le possibilità di un riarmo europeo che possa rendere indipendenti gli Stati dall’ombrello americano, che mai come oggi sembra prossimo alla sua chiusura. Tale volontà, espressa esplicitamente da Ursula von der Leyen, che ha affermato di presentare a breve un piano generale di riarmo, è manifesto del maturato tentativo da parte dell’Unione Europea di rimediare al virtuale vuoto di potere che si originerebbe a seguito della ritirata degli Stati Uniti, lasciando scoperta l’Europa dalle minacce espansioniste di una Russia che non appare tanto incline al mantenimento di una pace internazionale: l’Unione Europea, il serbatoio culturale dell’Occidente, il gigante politico da sempre mediatore fondamentale per l’affermazione dell’egemonia internazionale di una potenza, non ha rappresentato e non rappresenta ancora oggi niente di più che un microbo militare. Per quanto insidiata da forme interne di dissidenza, come quella di Giorgia Meloni che pare non credere nella possibilità di un riarmo e continua a sostenere la vicinanza a Washington, o quella più radicale di Fico e di Orban che hanno oramai assunto il ruolo di vicari del Cremlino – e che, infatti, non hanno preso parte alla riunione di Londra né tantomeno ne hanno sostenuto le ragioni - la posizione della Presidente della Commissione Europea è sicuramente sostenuta dalla maggioranza dei capi di Stato. Ciò che traspare è sicuramente il prologo di cambiamenti importanti per l’assetto geopolitico internazionale, della cui natura non si può ancora dire molto, ma che infonde speranza di un’Europa più unita, nei modi e negli intenti, nelle idee e nei pensieri, nelle “guerre” combattere e, soprattutto, nel desiderio di una libertà veritiera che bisognava da tempo rivendicare.
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